A raccontarla, sembra una storia in tutto e per tutto simile a un'altra “favola vera”... senza lupi e invece dei tre porcellini, con un unico “Porcellum”. Che però basta e avanza: il paragone si riferisce al fatto che una legge elettorale sia stata approvata e applicata per anni a livello nazionale prima che ci si accorgesse che – piccolo particolare – è incostituzionale, ovvero vìola una normativa di grado superiore.
Cose che accadono in Italia. E anche a Villa d'Adda dove, fatte le debite proporzioni, dal Municipio si continua ad adottare un criterio quanto meno “creativo”, nell'esercizio della Pubblica amministrazione. Il tema è il bando che la Giunta Biffi ha messo a punto per arrivare ad affidare per il 2014 la gestione del centro socio-culturale “Don Bosio”, più universalmente conosciuto come Colonia.
Ora, l'affidamento semestrale temporaneo scadrà a San Silvestro. L'idea è di individuare un operatore che prosegua lungo la medesima strada (e, se il Parco Adda lo consentirà, che gestisca anche l'annesso Ostello). C'è un però. Esiste, infatti, da tempo un regolamento che norma l'utilizzo della struttura e che sottolinea a chiare lettere come la sua vocazione sia squisitamente “sociale”. Concetto che fa a pugni col “fare business” caro ai nostri amministratori.
Nell'ultimo Consiglio il segretario comunale – che ha anche il ruolo di supremo garante della correttezza di ogni processo amministrativo – interrogato dal nostro capogruppo Bepi Locatelli ha spiegato che approvando la delibera relativa allo schema di bando di gara, quel “vecchio” regolamento veniva automaticamente annullato.
Cosa?
“Semmai dovrebbe essere che una convenzione si adegui a un regolamento, atto che ha una forza amministrativa ben più rilevante. Non il contrario”, ha giustamente rilevato l'ex capogruppo di Insieme per Villa d'Adda Alfredo Caseri.
Ma non è l'unico caso. L'Amministrazione “creativa” rispunta sempre più spesso e volentieri. Un ulteriore volo pindarico ha recentemente visto ancora una volta protagonista il segretario comunale. Alla luce del clima “circense” dei primi Consigli comunali, Insieme per Villa d'Adda ha sollecitato un maggior contegno e rispetto per la massima istituzione municipale, chiedendo fra l'altro conto della presenza di un agente di Polizia locale in occasione delle sedute del parlamentino locale.
Chi l'ha visto? Vigile non pervenuto. Perchè? Non si sa.
Ora, però, il secondo comma dell'articolo 45 del regolamento del Consiglio comunale recita chiaramente:
“I poteri per il mantenimento dell'ordine nella parte della sala destinata al pubblico spettano al sindaco, che li esercita avvalendosi, ove occorra, dell'opera della Polizia municipale, la cui presenza in servizio, durante le adunanze del Consiglio comunale, è obbligatoria”.
Più chiaro di così... E invece no, perchè il segretario dal cilindro ha estratto la machiavellica interpretazione secondo cui “in servizio” significa che il poliziotto di turno deve genericamente trovarsi al lavoro, ma in teoria anche a pattugliare le strade. Per il sindaco addirittura vuol dire che l'agente di Pubblica sicurezza deve rimanere “reperibile” (anche sul divano di casa, purchè entro un raggio di tot chilometri dal Municipio?).
Ma finiamola di arrampicarci sugli specchi... Cari lettori, rileggete, per cortesia, la citazione dal regolamento e giudicate da soli.