Pubblichiamo un'analisi a cura di Luigi D’Ambrosio (nella foto), già vicesindaco e colonna storica del gruppo “Insieme per Villa d’Adda”, sul tema dell'unificazione di servizi imposta ai Comuni. Buona lettura
Nel 2010 è stata emanata la legge che obbliga i Comuni con
popolazione inferiore ai 5.000 abitanti a costituire la gestione associata di almeno tre funzioni
fondamentali tra quelle individuate dalla stessa normativa. Significa in soldoni che paesi medio-piccoli sono tenuti a far fronte comune unificando servizi come ad esempio la Polizia locale, i Tributi, la Protezione civile e via dicendo.
In ottemperanza a questa disposizione l’Amministrazione di
Villa d’Adda ha sottoposto al Consiglio comunale, che le ha approvate (contraria la minoranza), tre convenzioni con il Comune di Carvico con le quali i
due Municipi integrano: la gestione dei servizi generali comunali incluso il trasporto
pubblico comunale (capofila Carvico), la Protezione civile (capofila Villa
d’Adda) e la riscossione dei tributi relativi alla raccolta dei rifiuti (capofila
Carvico).
Dette convenzioni hanno per dichiarata finalità il
miglioramento della qualità dei servizi, il contenimento dei costi di gestione,
l’avvio ed il rafforzamento della concertazione territoriale. Le
amministrazioni interessate definiranno nel dettaglio le modalità operative di
ciascuna convenzione cui seguirà l’avvio effettivo delle gestioni
associate.
Quanto sopra è giusto lo spunto per alcune riflessioni più
generali.
Molte Amministrazioni locali sono giunte a questo
appuntamento - consorziarsi per erogare in comune taluni servizi - quasi
allo scadere dei termini di legge, indice molto probabilmente che ciò non sia
stato tanto la conseguenza di un disegno strategico condiviso dai più, quanto
di un obbligo imposto.
La quadratura dei bilanci comunali dei prossimi anni,
soprattutto per i Comuni che non possono giovarsi di cospicue entrate da
attività sul territorio come industrie e/o centri commerciali, si presenta
ancor più problematica che in passato anche per via delle nuove regole di
bilancio che impongono ai Comuni ulteriori limitazione di spesa. Se fino ad ora
taluni Comuni hanno potuto ovviare alle minori disponibilità deprimendo servizi
apparentemente non essenziali, come per esempio gli “investimenti” in cultura,
questa volta potrebbero trovarsi seriamente davanti a scelte ingrate, in primis la riduzione
dei servizi stessi e l'aumento delle tariffe.
Già da decenni erano presenti norme legislative, largamente
snobbate, che incoraggiavano con incentivi le unioni volontarie tra Comuni; altre
norme un po’ più recenti hanno tolto ai Comuni l’esercizio diretto di attività
“industriali” (cicli dell’acqua, distribuzione e vendita metano) obbligandoli a
partecipare ad aziende di impostazione imprenditoriale, ancorché pubbliche, per
garantire servizi efficienti ed investimenti adeguati.
E’ significativo che ora la legge, intendendo creare le
condizioni per la riduzione dei costi delle amministrazioni locali, abbia introdotto
l’obbligo di realizzare gestioni associate di servizi prettamente comunali costringendo
così gli Amministratori sulla via delle razionalizzazioni territoriali;
infatti, nonostante gli avvenuti tagli ai trasferimenti dallo Stato ai Comuni, gli
Amministratori, tranne eccezioni, sono per lo più rimasti trincerati nei confini dei propri limiti amministrativi
anziché perseguire la realizzazione di entità di servizio integrate, al servizio di bacini di
utenza ottimali.
Non sarà probabilmente estraneo a questo ritardo il fatto che,
soprattutto nei Comuni minori, gli amministratori, senza assolutamente togliere
nulla ai loro meriti specifici per cui sono stati eletti dai cittadini, raramente
abbiano le competenze professionali per gestire progetti di integrazione delle
funzioni e dei processi. Il risultato dell’integrazione devono essere entità di
servizio stabili, che sappiano evolvere in modo omogeneo secondo le necessità e
gli obiettivi, indipendentemente dall’avvicendarsi delle singole
amministrazioni in questo o quel Comune, dalle differenti colorazioni
politiche, dalle ambizioni di preminenza di questo o quel Comune.
E’ necessario che ogni amministratore pubblico sia convinto
dell’utilità di cedere un po’ della propria autonomia gestionale condividendola
pariteticamente con gli altri amministratori indipendentemente dai colori
politici del momento, che sembra spesso essere invece fonte di turbolenza o una
discriminante nella inclusione o esclusione di questo o quel Comune.
Gli amministratori devono convincersi seriamente che è tempo di rivisitare insieme l’impianto organizzativo dei
piccoli Comuni in relazione al territorio per identificare attraverso un
processo analitico e di prospettiva tutti i servizi la cui integrazione sia in
grado di realizzare economie di scala e arricchimento di contenuti e qualità e,
dove necessario, assicurare una più omogenea fruizione. Una opportunità, in definitiva,
per dare ai propri cittadini un’amministrazione pubblica moderna ed efficiente
come sicuramente essi stessi vorrebbero fosse.
Compito non facile, non delegabile ai propri funzionari, che
richiede per la sua complessità il supporto di professionisti della consulenza
organizzativa e di implementazione progettuale.
Ovviamente il tutto non dipende dalla propensione e volontà
di un singolo sindaco … e qui sta il difficile.
Una alternativa da non sottovalutare potrebbe essere che,
ove non fossero raggiunti obiettivi di stabilità, costo, omogeneità e qualità, emerga
la necessità di una ulteriore spinta coercitiva per la quale taluni servizi
sarebbero riorganizzati ad un livello superiore (Provincia per esempio) tenendo ben distinte le attività lontane dal
cittadino (cosiddette attività di back office) e quelle di relazione ed
erogazione agli utenti locali; le prime sarebbero integrate nel livello
organizzativo superiore prima indicato, mentre le seconde sarebbero distribuite
localmente secondo le necessità contingenti.
A questo punto sarebbe anche utile mettere in fila la
sequenza delle fasi progettuali e delle attività proprie di ciascuna fase attraverso le quali si può ragionevolmente
giungere ad una integrazione territoriale dei servizi, ma mi limiterò a mettere
in evidenza quella che in assoluto è la
prima e più importante: costruire le
condizioni culturali per cui la prospettiva di integrazione sia compresa,
condivisa e supportata da tutti gli amministratori pubblici.
Luigi D'Ambrosio
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